In questi giorni, per ovvi motivi, tengono banco nella comunicazione sociale la malattia da COVID-19, le decisioni politiche che ne sono derivate e le conseguenze sulla vita di ciascuno di noi. Pertanto, anche le ipotesi di complotto più diffuse sono proprio quelle legate alla pandemia. In quest’articolo affronteremo la questione sviluppando alcune considerazioni di fondo, partendo da una rivisitazione delle tesi di Lakatos sui “programmi di ricerca” scientifici,[1]:
1. I complotti esistono, è un dato di fatto della storia umana.
2. Solo una piccolissima parte di ciò che accade nel mondo è frutto di un complotto.
3. Non riuscire a distinguere ipotesi di complotto solide da altre senza fondamento è un favore fatto proprio a chi ha davvero complottato nei casi effettivamente verificatisi.
Partiamo dal primo punto. Definendo “complotto” un’azione politica svolta nascostamente, negli effettivi autori e/o negli effettivi obiettivi, da determinati soggetti contro altri, è evidente che azioni del genere esistono da sempre nella storia umana e sono una strategia classica del potere politico contro gli oppositori. Gli esempi che si potrebbero fare sarebbero innumerevoli nel tempo e nello spazio, per i lettori di Umanità Nova crediamo possa bastare l’esempio della Strage di Stato del 12 dicembre 1969, analizzato nel quaderno 5. [2]
Chiunque abbia fatto un minimo di militanza politica di opposizione si è sicuramente imbattuto in questo problema: quanto meno, avrà incontrato e/o sospettato la classica figura dell’infiltrato. Questi, a differenza dell’informatore, non si limita a controllare le azioni spontaneamente messe in atto da parte dei movimenti di opposizione ma se ne fa militante e cerca di far fare a questo stesso movimento azioni che non sarebbero naturalmente uscite da esso. Visto che l’infiltrato è, qui in Italia, un agente dei servizi[3], cogliamo l’occasione per far notare, cosa non sempre chiara, come tutti gli Stati dispongono di apparati che hanno come compito istituzionale l’ottenimento di informazioni riservate e la messa in pratica di azioni nascoste contro gli avversari politici del governo – complotti, appunto, secondo la definizione. Di conseguenza, è importante per qualunque militante di opposizione dotarsi di un minimo di accortezza per individuare e opporsi a queste strategie del potere.
Detto questo, una cosa è l’accortezza, altra è la paranoia; una cosa è l’attenzione critica, altro è vedere complotti dietro a ogni evento possibile e immaginabile. Innanzitutto, perché mettere in piedi un complotto è cosa faticosa, e il potere stesso cerca più di servirsi di “utilissimi idioti”, in altri termini persone che, spontaneamente, magari senza o con una minima spinta dell’infiltrato, fanno, convinti di agire contro il potere, esattamente le azioni che vanno a suo vantaggio. Il caso classico è ancora la Strage di Stato del 12 dicembre 1969: l’Ufficio di Affari Riservati mise in piedi il complotto perché non riusciva in alcun modo a trovare qualche compagno vero che facesse idiotamente una qualche azione terroristica: dovette quindi fare la strage in prima persona e incolpare gli anarchici innocenti. Insomma, come nel caso della Shock Economy[4] analizzato dalla Klein in campo economico, il potere politico preferisce piuttosto sfruttare eventi prodottisi autonomamente che crearli – a meno che non ne possa fare a meno.
Il problema è, allora, dotarsi di una strumentazione critica per evitare di prendere lucciole per lanterne, anche perché denunciare complotti a ogni piè sospinto porta all’effetto opposto: non serve a togliere di mezzo complotti che non ci sono già per conto loro; in compenso, però e purtroppo, scredita – agli occhi della maggioranza – il tentativo di difendersi dai complotti reali. Immaginate quanto sarebbe stata presa sul serio la campagna di controinformazione contro la Strage di Stato se questa fosse stata affogata nel rumore di chi affermava che le nascenti BR erano formate da extraterrestri in combutta col Mossad, di altri che sostenevano che Zapata era sopravvissuto al tentativo di omicidio e che era diventato un agente della CIA e via di questo passo. Il problema della demarcazione di ciò che effettivamente potrebbe essere un complotto e ciò che molto difficilmente lo è, pertanto, per citare Lakatos, rimanda al fatto che «la demarcazione fra scienza e pseudoscienza non è solo un problema filosofico da salotto: è un problema di vitale importanza sociale e politica”.[1, p. 3)
In effetti, affermare che un determinato evento non si è prodotto spontaneamente ma è stato il risultato di un’azione nascosta retrostante è, diremmo proprio, un piccolo “programma di ricerca” nel campo delle scienze sociali e ad esso possono applicarsi utilmente le categorie sviluppate da Imre Lakatos: «Cosa distingue allora la conoscenza scientifica dall’ignoranza, la scienza dalla pseudoscienza? (…) La logica induttiva si propone di definire le probabilità delle diverse teorie in base all’evidenza totale disponibile. Se la probabilità matematica di una teoria è alta, essa viene qualificata come scientifica; se è bassa, o addirittura uguale a zero, la teoria non è scientifica. Così il tratto distintivo dell’onestà scientifica consisterebbe nel non dir nulla che non sia almeno altamente probabile. Il probabilismo ha una caratteristica affascinante: invece di limitarsi a fornire una distinzione manichea fra scienza e pseudoscienza, fornisce una scala continua che va dalle teorie povere, con bassa probabilità, alle buone teorie con alta probabilità». [1, pp. 5-6]
Un altro aspetto della posizione del filosofo ungherese è che, anche se ogni “programma di ricerca” ha dei punti deboli cui cerca di porre rimedio con varie strategie, «in un programma di ricerca progressivo, la teoria conduce alla scoperta di fatti nuovi finora sconosciuti. Nei programmi di ricerca regressivi, invece, le teorie vengono inventate solo al fine di accogliere i fatti noti. (…) tutti i programmi crescono in un permanente oceano di anomalie. Quello che realmente conta sono le predizioni sorprendenti, inattese e spettacolari: alcune di esse sono sufficienti a far pendere la bilancia e laddove la teoria resta indietro rispetto ai fatti abbiamo a che fare con miseri programmi di ricerca regressivi».[1, p. 9]
Proviamo allora ad applicare queste categorie a quello di cui parlavamo all’inizio: le varie teorie del complotto presenti in campo e che sembrerebbero trovare notevole credito (da alcune ricerche emerge che il 23% degli italiani intervistati su un sondaggio relativo al virus crede che le cause del contagio siano dovute a forme esterne alla natura stessa)[5] reggono ai criteri sovraesposti o sono pseudoscienza sociale?
Il coronavirus per alcuni sarebbe una invenzione di Greta Thunberg per risolvere le drammatiche situazioni del riscaldamento globale. Per altri sarebbe stato creato da Bill Gates per conquistare il mondo. Una vox populi più generale parla del fatto che l’antidoto esiste già ma ci viene tenuto nascosto per un’operazione di eugenetica. All’inizio del contagio in Europa si parlava spesso di un complotto governativo degli Stati Uniti ai danni dell’economia cinese e/o che gli Stati Uniti volessero “conquistare” l’Europa attraverso l’operazione “Defender Europe”. Altre teorie riprendevano proprio le proposte più farsesche di David Icke riguardo agli Annunaki che guiderebbero Il New World Order attraverso i rettiliani per conquistare il mondo. La teoria del complotto attualmente di moda riguarderebbe la linea 5G: a sentir parlare, a volte, anche il vicino di casa qualunque, sembra che le onde portate dalle tecnologie di quinta generazione (5G) trasmettano il COVID-19 e/o abbiamo indebolito il sistema immunitario umano impedendogli di difendersi efficacemente dalla malattia.
È chiaro che ognuna di queste teorie non regge né al criterio probabilistico e, talvolta, nemmeno al livello fattuale (ad esempio dimentica che gli Stati Uniti sono presenti dal secondo dopoguerra su suolo europeo o che le reti di comunicazione senza fili precedenti emettevano ugualmente radiazioni, o che la malattia si è diffusa anche dove il 5G non esiste, ecc.). Inoltre sono tutte, per così dire, chiuse in se stesse: in altri termini non ci permettono di fare previsioni accertabili sul futuro. Greta Thunberg e Bill Gates quando riterranno di dover far finire la pandemia? Chi porteranno al potere gli Annunaki? Il 5G sembrerebbe avere un minimo di capacità predittive in più: peccato che poiché i lavori stanno andando avanti un po’ ovunque nonostante la situazione, le proteste e anche qualche attentato [6], la predizione dovrebbe essere quella di un aumento delle infezioni e, invece, vediamo il contrario, in un periodo in cui chi ce l’ha, il 5G, lo sta sfruttando al massimo. Questo è il vero motivo per cui occorre combatterle: non perché “i complotti non esistono” – grave errore fattuale, come abbiamo visto – ma perché gridare al complotto in maniera improbabile e farsesca ha l’effetto di renderci sempre più vulnerabili a quelli veri.
Questo criterio va applicato universalmente, perché non è che i media ufficiali dicano sempre la verità, anzi: nel caso specifico una di queste teorie del complotto citate prima è stata diffusa inizialmente da un governo, un’altra da una confindustria locale. Le strategie di censura, i siti “raccomandati” in quanto oggettivi e veritieri, perciò, di là di tutto non risolvono il problema.
Infine, in questo contesto, incentrare la propria attenzione su pretesi complotti senza fondamento porta a mettere in secondo piano il fatto che stiano cominciando a circolare dei droni per il controllo sociale, che non ci siano abbastanza finanziamenti per supportare gli istituti sanitari, che un po’ dappertutto le libertà civili, sociali e sindacali vengano messe in discussione. Ora, che alla base della pandemia ci sia stato un – in questo caso – improbabile complotto o che i governi approfittino semplicemente della situazione contro di noi, non cambia la sostanza su cui dobbiamo concentrare l’attenzione e ogni nostro sforzo di difesa.
Lorenzo Scerbanenco ed Enrico Voccia
NOTE
[1] LAKATOS, Imre, La Metodologia dei Programmi di Ricerca Scientifici, Milano, Il Saggiatore, 1985.
[2] GRUPPO ANARCHICO “MICHAIL BAKUNIN” F.A.I. ROMA E LAZIO, Cinquant’Anni dalla Strage di Stato, Quaderno 5 di Umanità Nova, https://mega.nz/#F!LJJR2C6R!xwPzJqo3FCXd2VnzxEuJA
[3] Nel contesto del diritto italiano, che concede solo agli agenti dei servizi una qual certa libertà nel commettere reati (ed il complotto provocatorio strutturalmente lo è), le forze dell’ordine utilizzano informatori, i servizi gli infiltrati, l’informatore di solito a tempo determinato, mentre l’attività dell’infiltrato può essere addirittura a vita. Questo dal punto di vista legale: poi ovviamente nella realtà dei fatti un informatore può di fatto agire come infiltrato. https://www.diritto.it/la-figura-attuale-dell-informatore-di-polizia-nell-ordinamento-processuale-penale-italiano/
[4] KLEIN, Naomi, Shock Economy. L’Ascesa del Capitalismo dei Disastri, Milano, BUR, 2011.